Il fondatore del Giornale della Vela racconta come nacque la prima rivista italiana che parla solo di vela, con tanto pessimismo sulla sua sopravvivenza, e svela il segreto del suo successo: chi la scrive in barca ci va davvero
…Come questa rivista sia nata l’ho già raccontato molte volte. Non mi ripeterò. Ricorderò soltanto che a deciderlo fummo in due, Renato Minetto ed io, e che il fattaccio avvenne nel porto vecchio di Montecarlo, dove eravamo in vacanza con le nostre barche. Per la prima sede venne scelta piazza San Babila a Milano, piccola ma lussuosa… La grafica della testata la commissionammo a un grande designer, Bob Noorda…. Era, insomma, un mensile non soltanto nuovo, ma anche diverso dagli altri. Venne accolto bene, si aggiungeva a pubblicazioni un po’ vecchiotte che mischiavano la vela con le barche a motore e a quant’altro riguardasse il mare. Il nuovo giornale fu accolto bene dagli appassionati, ma tutti con un certo pessimismo sul suo avvenire e quindi sulla sua sopravvivenza. Nessuno sapeva (e noi non lo dicevamo) che Minetto ed io pensavamo ad una rivista che fosse prima di tutto un hobby e che avevamo previsto un deficit almeno per qualche anno…Il segreto della qualità del nostro periodico è stato proprio quello di pretendere dai nostri collaboratori una reale partecipazione alle attività veliche.
A quei tempi anch’io regatavo con il Lunic per cui mi ero costruito un equipaggio di giovani con i quali “battevo” instancabilmente e con qualche soddisfazione i campi di regata. Era questa una presenza costante che ci distingueva dai concorrenti, siamo stati i primi a raccontare le regate in un certo modo. Conoscevamo tutti ed eravamo personalmente molto conosciuti. Applicavamo il giornalismo più tradizionale a questo sport. Il giornalismo di prima mano che avevo imparato in tanti anni di lavoro a Il Corriere della Sera. Su richiesta dei lettori cambiammo il target del mensile allargandolo anche alle imbarcazioni da diporto. Ai lettori sportivi si aggiunsero anche quelli che non andavano in regata. È in questo periodo che Il Giornale della Vela divenne una sorta di scuola di giornalismo specializzato.